EditorialeLinuxLuca Moscato

Linux made in Europe: ci serve davvero?

Incuriosito dall’articolo di Marco pubblicato qualche tempo fa, ho deciso di approfondire la sintesi della petizione citata per capire meglio di cosa si tratta, provare a immaginare se l’idea sia fattibile e, nel caso, ipotizzare come potrebbe essere implementata.

Il firmatario chiede che l’Unione europea sviluppi e implementi attivamente un sistema operativo basato su Linux, denominato “EU-Linux”, in tutte le amministrazioni pubbliche di tutti gli Stati membri dell’UE.

A prima vista, non sembra un’impresa titanica per l’UE, ma ci sono alcuni punti chiave che vale la pena considerare:
· Partire da basi solide: Non reinventerei la ruota. Si potrebbe partire dai sorgenti di sistemi operativi esistenti, diffusi, stabili e con un ciclo di vita lungo. Debian sarebbe un’ottima scelta, così come il codice di OpenELA, da cui derivano distribuzioni come AlmaLinux.
· Funzionalità migliorate: Bisognerebbe colmare alcune lacune, come l’avanzamento assistito tra versioni e il supporto costante per hardware recente, aggiornando regolarmente il kernel.
· Inclusione di codec e driver proprietari: Una mossa strategica per garantire un’ampia compatibilità hardware.
· Un desktop moderno e intuitivo: Sceglierei un desktop semplice e familiare. COSMIC, una volta considerato stabile, potrebbe essere un candidato interessante.

Un progetto di questo tipo richiederebbe la creazione di un ente dedicato che fornisca supporto tecnico. Servirebbero quindi programmatori, esperti di usabilità, collaboratori per interfacciarsi con le community open source, e così via. Tutto ciò renderebbe difficile contenere i costi al di sotto di una cifra a sei zeri annua.

L’iniziativa mira a ridurre la dipendenza dai prodotti Microsoft, garantendo il rispetto del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) e promuovendo la trasparenza, la sostenibilità e la sovranità digitale all’interno dell’UE. Il firmatario sottolinea l’importanza di utilizzare alternative open source a Microsoft 365, come LibreOffice

Non voglio entrare in considerazioni geopolitiche o complottistiche ma trovo preoccupante che le applicazioni open source per la produttività siano ancora così arretrate rispetto alle controparti commerciali, argomento di cui ne ho parlato anche in un altro articolo.

La strada da seguire, secondo me, dovrebbe partire dal migliorare le applicazioni open source per la produttività e dal diffonderle. Una volta che queste saranno utilizzate quotidianamente anche su Windows e Mac, il sistema operativo sottostante diventerà un dettaglio meno importante.

Naturalmente, questo richiede dialogo con le community, una revisione dell’esperienza utente (se necessaria), roadmap condivise e un supporto costante. Inoltre, chi investe cifre considerevoli in questi progetti si aspetta di solito tempi certi di rilascio.

e Nextcloud

Per quanto riguarda Nextcloud, l’affidabilità del servizio dipende comunque da chi lo fornisce. A complicare le cose ci sono costi, scalabilità, storage e latenza. In sintesi, non sembra offrire un grande vantaggio rispetto ad altre soluzioni già esistenti.

[…] suggerisce l’adozione del sistema operativo mobile /e/OS per i dispositivi governativi

Qui le difficoltà aumentano: ci sarebbe bisogno di collaborare con un produttore hardware, che probabilmente dovrebbe personalizzare il sistema per ottimizzarlo. Inoltre, i volumi limitati farebbero lievitare i costi finali.

Evidenzia inoltre i potenziali vantaggi di tale iniziativa in termini di creazione di posti di lavoro nel settore informatico

Non sono un economista, ma immagino che sostenere lo sviluppo di software open source potrebbe generare un’interessante filiera, con benefici sia per l’occupazione sia per molte aziende, che potrebbero ridurre i costi grazie a soluzioni open source.

Conclusioni

Un progetto ambizioso e interessante, ma non privo di sfide.
Sono convinto che debba esistere un’alternativa open source ai software di produttività più diffusi. Non serve coprire il 100% delle funzionalità, ma bisogna puntare su interfacce familiari e intuitività per favorire il processo di un’eventuale adozione di un parco software diverso.
Quando il software open source diventerà una scelta quotidiana anche su Windows e Mac, potremo finalmente parlare di un “Linux de noi altri”.