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La Cina va verso l’indipendenza del software … e noi?

 

E’ notizia di pochi giorni fa che la Cina ha intenzione di sostituire tutta l’infrastruttuta informatica statale, stimata sui 50 milioni di pc, con soluzioni domestiche e, stando all’articolo di bloomberg, la scelta per i sistemi operativi cadrebbe proprio su Linux come citato nell’articolo “China will mostly encourage Linux-based operating systems to replace Microsoft’s Windows”. Il tutto è pianificato accada nei prossimi 2 anni.

Altro segno che il giochino della globalizzazione, vista la situazione internazionale non delle migliori, inizia a scricchiolare.

Non è la prima volta che si sente di un paese non occidentale parlare di sistemi operativi sviluppati in casa: basti pensare ai vari Astra Linux (Russia) oppure Red Star OS (Corea del Nord), oppure al discutibile rimpiazzo di Windows: ReactOS (Russia) da quasi 30 anni in alpha.

I motivi di queste scelte sono vari, un po’ per maggiore sicurezza, un po’ per indipendenza tecnologica, e diciamo anche un po’ per poter avere più controllo sull’attività degli utenti.

La Cina, oramai colosso tecnologico, chiaramente non è da meno e, dal canto suo, ha le ben note distribuzioni Deepin, che ho recensito con un hands-on e Ubuntu Kylin sviluppata sempre da Canonical ma con caratteristiche adatte al mercato cinese (cit Wikipedia).

Rimpiazzare il parco software quindi non sembra essere per loro un grosso problema, ma mi sono chiesto se noi europei dovremmo fare la stessa cosa.

Non abbiamo grandissime aziende tecnologiche sul nostro continente e per questo, sul lato software e servizi, utilizziamo principalmente prodotti statunitensi. Certo, ricostruire tutto in Europa sarebbe un’impresa titanica e in assenza di REALI necessità di indipendenza sembra quasi inutile: sarebbe comunque molto complesso ricreare un cloud a buon mercato con tutte le funzioni di AWS, GCP o Azure, come lo sarebbe ricostruire da zero un ecosistema per smartphone e tablet.

Tuttavia sulla parte software applicativo e sistemi operativi credo che qualcosa si possa fare, chiaramente facendo leva sulla moltitudine di progetti open source, promuovendone l’utilizzo e sistemando quello che c’è da sistemare (usabilità se serve e aggiungere le caratteristiche mancanti).

Non sono contro il software commerciale, ci mancherebbe, ma personalmente credo che l’Europa debba iniziare a pensare a delle alternative software ma che siano production-ready in caso di esigenza.

Che poi si parli di supportare attivamente qualche progetto esistente e forkare e andare per la propria strada non saprei, credo dipenda da caso a caso.

E soprattutto, per software di pubblica utilità, sarebbe interessante che siano compatibili anche con sistemi operativi Linux.

Questa è la mia opinione scritta un po’ di getto, voi che ne pensate a riguardo?

Marco Giannini

Quello del pacco / fondatore di Marco’s Box