Quando Linux diventa un freno alla propria carriera professionale…
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Quello che state per leggere è un post un po’ fuori le righe. Qualche giorno fa sono stato contattato da un lettore, un utente Linux di lunga data, che mi ha chiesto di poter raccontare la sua esperienza personale con il mondo Linux e di come questa sua passione abbia avuto ripercussioni sulla sua carriera professionale.
Buona lettura
Ciao Marco,
come ti ho anticipato volevo condividere la mia personale esperienza sull’adozione di Linux come sistema operativo personale e, di come questa ostinazione abbia rallentato (e a volte impedito) una carriera informatica sicuramente più lineare ma più focalizzata; aggiungo anche che, chiunque leggerà questo pezzo deve sapere che sono riflessioni esclusivamente personali effettuate tenendo conto del contesto dell’epoca (inizio 2000).
Alla fine degli anni 90 i modi con le quali si entrava in possesso di una distro Linux erano gli stessi per tutti in Italia: qualche amico o compagno di classe ti passava il cd, era allegato alla rivista X o Y in edicola oppure il cd omaggio in fiera ecc…
Ho installato linux per la prima volta nel 1999 (Corel Linux, un dramma) ma i primi “problemi” dovuti al mio investire del tempo con il sistema operativo del Pinguino iniziarono nel 2002, parliamo di un epoca dove internet c’era ma era lentissimo (le adsl migliori erano a 384 kb e io avevo la 56k ancora) e le risorse in rete, quando presenti, scarseggiavano in qualità; fu un periodo dove tentavo di tutto: pasticciare, bloccare la box, reinstallare -> pasticciare, rompere il gestore pacchetti, reinstallare la box, ricompilare il kernel seguendo le guide… un loop infinito.
Se ci aggiungiamo anche il distro hopping, nella speranza di trovare qualcosa di decente e più user friendly, Ubuntu e Mint non c’erano ancora, il tempo perso diventa difficle da quantificare.
Anche le distro ci mettevano del loro per carità, la lettura delle varie riviste dell’epoca aiutavano, ma i driver grafici non funzionavano, il gestore di pacchetti con i dvd come repository (ricordo i 56k) erano davvero proni ad errori ed anche solo far funzionare uno scanner da usb (o addirittura far funzionare proprio le usb) era un’utopia, e poi mancava un sacco di software decente, nel senso che spesso non c’erano proprio alternative.
Intanto il tempo passava, iniziai nel 2005 a lavorare come disegnatore CAD, ben lontano dal ramo informatico che era la mia passione, perché al posto di mettermi a studiare per dire windows server, avevo “investito il tempo con altro”.
Una passione non si ferma però e nel 2007 mi unii al LUG della mia provincia e nel 2009 per pura iniziativa personale (perché non richiesto dalla mia professione) seguii un costoso corso CISCO con certificazione, tra l’altro era solo lo step iniziale ICND1.
Ai tempi feci diversi tentativi per cambiare settore ma furono tutti vani: non riuscii mai a trovare lavoro in ambito networking anche con certificazione CISCO attiva, ogni azienda mi chiedeva se avevo esperienza di Windows Server, Active Directory, Remote desktop e firewall della marca AAA BBB o CCC come se i protocolli di rete (che sono standard) contassero meno dei brand.
Solo nel 2013 riuscii a fare un colloquio ripartendo dalla gavetta nel settore informatico, tecnico help desk in ambito windows. Linux non pervenuto.
Andavo dai clienti e installavo solo software Microsoft… alla mia richiesta di iniziare a valutare altro con linux, anche per avere margini più alti dalle licenze le risposte erano le stesse:
- Sai metterci mani se si rompe qualcosa?
- Poi è compatibile e stabile?
- Ma lo sai usare solo tu?
- Va che dobbiamo lavorare non abbiamo tempo per studiare altro.
Professionalmente non avevo scelto una certificazione MCSA perché mi sembrava e mi sembra tutt’ora poco informatico imparare ad usare un prodotto di uno specifico Brand e pensare che il mondo finisca lì, il networking è qualcosa di indipendente dal sistema operativo e quindi decisi di optare per la CISCO, lavorativamente sarebbe stato meglio invece optare per la certificazione Microsoft.
Poco dopo infatti ebbi l’opportunità di affrontare un colloquio presso una nota azienda della mia provincia per l’assistenza informatica, ma l’assenza di certificazioni Microsoft fu una forte discriminante e il colloquio non andò bene.
A nulla serve saper mettere su un web server che occupa 100 mb o meno di ram (è un esempio), se alla fine nessuno lo usa e se per il mondo linux un server senza xorg/wayland è la norma, in ambito Microsoft windows server core non lo usa nessuno nel mondo reale della sistemistica; immaginate la classica azienda che fa ancora gestionali in VB6 e gli presentate una schermata con solo powershell, come minimo ti dicono che hanno “sbagliato server”.
Riuscii a cambiare comunque lavoro come help-desk-sistemista-tuttofare interno (cosa rarissima) per un’azienda di produzione. Ovviamente tutto su tecnologie microsoft, dai server al gestionale e, l’utilizzo di powershell (erano ancora rumors l’approdo di powershell su linux) sarebbe stato la manna e dovetti davvero sudare per mettere giù quattro script e risolvere alcune magagne di AD o di office365 in cloud (il cloud non è perfetto e non tutte le voci del menu sono presenti nell’interfaccia web); per linux non c’era spazio, nel senso che non era per nulla necessario in nessun progetto.
Ho infine cambiato ancora e come sempre la storia si ripete, nella mia ultima posizione lavorativa si guarda solo al software microsoft senza alcuna eccezione e possibilità di scelta quindi ancora una volta le mie competenze su Linux non vengono richieste.
Negli ultimi colloqui fatti nessuno adopera linux, si parla di aziende che offrono servizi ad altre imprese, alcune stanno partendo addirittura ora con i servizi cloud, e di colloqui ne ho fatti una ventina in due regioni separate per capirci negli ultimi cinque anni.
Ricapitolando, la mia esperienza mi ha insegnato che, se mi fossi focalizzato solo sul mondo di un brand quale ad esempio Microsoft (perché standard di mercato non per altro) rispetto alla totalità dei posti di lavoro dove sono stato/per i quali ho sostenuto un colloquio, avrei:
- magari ignorato come funziona un sistema operativo, ma mi sarei potuto vendere meglio in ambito informatico
- avrei usato strumenti che cambiano poco (non mi sarei trovato un passaggio da init a systemd per fare un esempio su tutti)
- avrei concentrato le mie energie su cose che espandono le competenze in maniera più verticale, così da potermi rivendere meglio in ambito lavorativo.
- avrei evitato di sentirmi dire: “ma chissene frega delle licenze, le compriamo” oppure “ma chi lo usa Linux?” (e qui stendiamo un velo pietoso sull’affermazione)
Questa cosa è e continua comunque a non avere senso.
Mi ricordo in particolar modo l’affermazione di un titolare d’azienda durante un colloquio, sistemista vmware certificato ed affermato, bravissimo nel suo prodotto, che elencava configurazioni di infrastruttura con i nomi specifici dei servizi usati dal brand che lui usava e conosceva, spiegando le magie di quei sistemi così complessi (indubbiamente).
Quando gli ho evidenziato che senza le licenze e relativi corsi quelle cose non si possono improvvisare e, gli ho aggiunto che, ad esempio, a fronte di millemila euro per spostare i file delle vm su archivi diversi per natura, in linux LVM permette di fare la stessa cosa da anni, anche volendo per divertimento usare tre memorie molto diverse tra loro come un floppy, una pendrive USB e un ISCSI come se fossero un volume unico lui è caduto dal pero e ha liquidato la cosa come di poco conto “tanto non la usa nessuno”.
Se guardo al futuro é un pelo più roseo ma molto complesso, si va su DevOps e container e io non sono un programmatore e faccio fatica a capire docker, e in Italia per applicare queste tecnologie o lavori per una grande azienda tecnologica in outsourcing oppure lavori per un gigante del tech (difficile) oppure quelle tecnologie non le usi.
Inoltre ci sono tantissime opzioni per il cloud che certo puoi imparare se hai 20 anni e studi, ma se lavori e hai famiglia sono costi poco giustificabili per la formazione.
Personalmente Linux per me é stata, in ottica professionale, una perdita di tempo.
In ottica personale come informatico un modo per tenere viva la passione e mantenere una voglia di scoperta che altrimenti sarebbe già sopita.
Ripeto è un’esperienza personale dove ho riportato quello che mi è accaduto, cercando di attenermi il più possibile a quanto è realmente successo.
M.G.