#magliettabiancaEditorialeInformaticaMondo Linux

Confessioni di un vecchio linaro

In questo momento mi vedo come nei film, in cui parla il vecchio generale sconfitto, ma che racconta di quanto epica sia stata la sua battaglia e di quanto, per quanto perdente sia stata la sua posizione, per quanto la storia, il tempo e l’evidenza gli stiano dicendo che ha irrimediabilmente torto, lui non cambia idea e che, fondamentalmente rifarebbe tutto.

Da linaro mi sento esattamente così, come quel vecchio combattente che vede la sua causa sconfitta nei fatti, ma ancora forte nella testa e nel cuore.

Perché dico questo?

Ho iniziato ad usare Linux con Mandrake, secondo me solo alcuni sapranno che non è un errore di battitura, ma è il papà (o la mamma) di Mandriva di cui, sinceramente non ho idea delle sorti.
L’ho fatto per gioco, per curiosità ma lo ammetto, anche se non è bello, l’ho fatto perché avrebbe fatto figo. L’ho fatto perché era strano, diverso, di nicchia e la cosa mi intrigava di brutto, della filosofia open non me importava nulla, io volevo diventare un haccherz, di quelli che se non stai attento ti entrano nel computer e ti fanno i danni seri.
Ovviamente, l’unico computer al quale ho fatto danni seri è sempre e solo stato il mio.
Linux allora non era semplice, non era facile, non era FOSS e spesso, al tuo problema la soluzione era che ti dovevi far fottere. La tua scheda, periferica, cazzeruglio semplicemente non andava e non sarebbe andato MAI!

Mi sono innamorato subito di questa cosa che mi dava così tanti problemi, non sono sicuro del perché ma temo che masochismo sia una risposta più giusta che sbagliata.
Per la cronaca, già andare in rete era un successo e, per delle notti ho fatto dual boot con windows per avere internet e cercare soluzioni al problema che fondamentalmente linux non mi aveva riconosciuto niente. Sono entrato per la prima volta in un forum e qui, ho iniziato a capire.
Mi è stata spiegata la filosofia dietro linux, la filosofia open, la libertà e, alla fine il principio di comunità che andava oltre, molto oltre al fatto che ci fossero delle difficoltà. Gli utenti ti aiutavano davvero, a volte anche costringendoti a leggere, ad informarti, ti insegnavano a pescare invece che darti il pesce.

Sono passati gli anni ed ho cambiato distribuzioni e l’ambiente un pochino si è modificato oppure, io ho perso la verginità ed ho iniziato a comprendere le diatribe interne. Il mondo linaro, fraterno all’esterno si è sempre diviso su tutto. Non solo quale distribuzione fosse la migliore, ma quale DE, sistema audio, PM, sistema di impacchettamento, filosofia rispetto all’open, display server, perfino il sistema di init è stato motivo di guerra. Qualunque cosa fosse relativo un sistema operativo era comunque oggetto di discussioni, battaglie e scissioni. Siamo sempre stati irrilevanti numericamente, ma molto preparati mediamente, fossimo stati uniti forse e dico forse avremmo anche potuto ottenere un risultato migliore, invece ci siamo sempre frazionati e frazionati ancora.

Tucker ha spiegato molto bene la situazione con il suo dilemma del prigioniero (qui se volete approfondire) nel quale, in estrema sintesi si dimostra come l’equilibrio migliore per un sistema, prevede una piccola rinuncia individuale. Ma data la situazione di ottimo sistemico, il singolo individuo abbia interesse a comportarsi male, finché il sistema ovviamente degenera in un equilibrio stabile ma per nulla ottimale.

Come gruppo non siamo mai stati capaci di mettere il bene della comunità, del progetto, di un ideale davanti alle anche legittime aspettative individuali. Quindi Linux è il sistema operativo in cui puoi trovare millemila ruote a metà, ma nessuna ruota finita.

Un giorno arrivò la speranza, il deus ex machina che avrebbe davvero potuto cambiare qualcosa. Mark l’uomo delle stelle Shuttlework. Un imprenditore che aveva fatto i big money con l’informatica ed aveva deciso di creare una distribuzione definitiva, il suo nome era ed è Ubuntu.

Io non credo che si potessero commettere più errori di quanti ne abbia commessi Mark. Praticamente non ne azzeccò una, non tanto perché tutto quello che è stato fatto funzioni male, ma perché è stato fatto tutto quanto contro i principi fondamentali della comunità. Non cercò di essere il leader, ma di essere il più bravo e, nel farlo fallì clamorosamente buttando al vento la più grande opportunità che avevamo mai avuto.
Poi, ci sono stati gli utenti ordinari, quelli normali, come me e te che stai leggendo. La maggior parte dell’utenza ha confuso free con gratis ed ha dato alla gratuità di Linux un valore distintivo importante, quasi a sputare in faccia alle persone che, tramite il lavoro nel mondo open provavano anche a guadagnare come se fosse una cosa sporca.
Pochi, divisi, senza uno standard non siamo mai stati capaci di attirare investimenti seri e progetti strutturati e, come comunità non siamo mai stati in grado di veicolare risorse.

Quel che ci manca…

Un giorno ad un talk, feci l’esempio delle Termopili. Gli spartani erano pochi, pochissimi. Sapete meglio di me fossero 300 (299 a dire il vero e, non erano nemmeno soli, tra tutti erano un migliaio qui per approfondire) mentre Serse aveva un esercito di 2.6 milioni di soldati. Se Leonida avesse sparso i suoi soldati, sarebbe durato meno di cinque secondi, nonostante i suoi fossero più valorosi.
Noi, Leonida non lo abbiamo avuto e si vede.
Ma sapete perché sono convinto di aver ragione? Perché in realtà c’è un progetto nel mondo open che ha avuto successo e, questo progetto non ha avuto alternative, non è mai stato osteggiato ed aveva ed ha un leader che ha sempre deciso cosa fare e soprattutto cosa non fare, il kernel linux.

Questo progetto, open e free si è trovato a dominare in un mercato difficilissimo. Oggi è l’anima del 87% degli smartphone, del computer dal quale vi scrivo, di molti dei server in internet.
Noi abbiamo fallito, non come utenti, non come entusiasti, non come programmatori o come singoli, noi abbiamo fallito proprio in quello che ci avrebbe dovuto distinguere, come comunità.
Non siamo stati capaci di vedere e di ragionare come un gruppo, di capire quali fossero le priorità e, come comunità non abbiamo capito che dovevamo vivere nel mondo reale e, nel mondo reale il pane costa, il volontariato va benissimo ma non ti da da mangiare ed avremmo dovuto aiutare di più e criticare di meno, molto di meno.
Non siamo stati uniti, non abbiamo condiviso la cosa più importante, che è lo scopo, prima del codice.

Uso un ChromeBook che è proprietario, Android sempre meno open, il software open è fermo da tanto tempo e sento di aver perduto la battaglia. Di aver combattuto dal lato giusto della barricata se vogliamo e, tornando indietro sceglierei ancora di stare dalla parte perdente, ma ho perso, abbiamo perso. Sconfitti nel fare la cosa che avremmo dovuto fare meglio, stare insieme.

Marco Giannini

Quello del pacco / fondatore di Marco’s Box