La Corea del Sud punta all’open source entro il 2020
Se in Italia, salvo qualche eccellenza locale guidata da amministratori illuminati, il dibattito sull’uso di software libero e open source è quasi nullo, in altra nazioni la situazione è completamente diversa.
Negli scorsi mesi vi ho parlato di nazioni come Francia, Spagna, Cina, Germania etc.
A questo elenco si unirà a breve la Corea del Sud che ha annunciato la sua intenzione di covertirisi al software open source. La patria delle più famose aziende dell’elettronica di consumo (e delle waveya :D) sta infatti valutando di aumentare l’uso di software libero e open source per diminuire la sua dipendenza dal software proprietario (e dalle altre nazioni) il tutto entro il 2020, anno in cui terminerà il supporto a Windows 7.
Il piano di migrazione è stato istituito con l’obiettivo di creare un ambiente di computing non più sbilanciato verso un solo sistema operativo e altresì per creare un ecosistema di software open source nazionale attraverso una stretta collaborazione fra pubblico e privato.
Il piano comprende anche la conversione all’HTML5 e all’esclusione di Active X da tutti i siti web della pubblica amministrazione in modo da consentire la libera connessione ad internet con tutti i sistemi operativi e browser entro il 2017.
I documenti distribuiti dalle pubbliche amministrazioni saranno rilasciati in formato PDF e hwp.
Il progetto pilata partirà nel 2015 e coinvolgerà 10 istituzioni pubbliche e private. A partire dal 2018 il Governo verificherà se l’introduzione di software open source avrà o meno ridotte le spese. Tutti i dati saranno resi pubblici e serviranno successivamente come base per ampliare ulteriormente il progetto.
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