Lavorare con Linux: Italo Vignoli e la nascita di LibreOffice
Rieccoci con la rubrica Lavorare con Linux dove i lettori possono raccontare come si sono avvicinati al mondo del software libero e open source e come utilizzano gli strumenti offerti dalla comunità per lavorare.
Ospite di quest’oggi è Italo Vignoli che ci racconterà la sua lunga vita informatica e come ha contribuito a far nascere LibreOffice e la The Document Foundation.
Buona lettura 🙂
Tutto cominciò con una bionda
Faceva un caldo insopportabile. La bionda entrò con andatura ondeggiante: “Devo consegnare il primo numero di Computerworld Italia a Italo Vignoli“.
“Sono io“, risposi seccato, “ma mi spieghi cosa c’entro con Computerworld Italia: sono laureato in lettere, insegno geografia umana, e non ho mai toccato un PC“.
La bionda replicò: “Lei è un predestinato: è nato il 12 agosto alle 12, come il PC IBM, e l’informatica diventerà la passione della sua vita“.
“Impossibile!“, borbottai, spalancando la porta con un gesto eloquente. La bionda uscì gettandomi fra i piedi il “mitico” primo numero di Computerworld Italia.
Purtroppo, il fascino femminile ebbe la meglio: “E se avesse ragione?“, pensai. “In fin dei conti, il fatto di essere nato proprio il 12 agosto potrebbe essere un segno del destino!“.
Guardai la prima pagina e rimasi colpito dal titolo: “1982-1992: dieci anni di PC“. “Com’è possibile“, pensai, “raccontare in anticipo dieci anni di storia?“.
Incuriosito, mi sdraiai sulla chaise-longue di vimini. Prima di iniziare a leggere, mi versai un bicchiere di acquavite di ciliegie.
Iniziai a sfogliare Computerworld Italia: il contenuto manteneva le promesse. Da qualche parte, lessi che l’editore aveva una rete capillare di informatori.
Buttavo l’occhio qua e là sulle pagine, e mi soffermavo sulle fotografie.
Giunsi al 1985, con la caduta di Steve Jobs, sostituito alla guida di Apple da John Sculley, che arrivava da Pepsi Cola.
Superai il 1986 e giunsi al 1987. Notai subito la foto di una premiazione: in mezzo a un gruppo spiccava un giovane con la barba, che teneva in mano un trofeo come fosse un carciofo.
Lessi la didascalia: “Italo Vignoli, Direttore Marketing Honeywell, ritira il premio RITA, conquistato dalla Compuprint 4/66 durante il ‘Which Computer? Show’ di Birmingham, il 17 febbraio 1987“.
Riguardai la foto, rilessi la didascalia. E poi mi decisi a ingurgitare il bicchiere di acquavite. Com’ero ingrassato!
Poi ci ripensai: “Impossibile! Sarà un caso di omonimia“. Mi resi conto, però, che non si era mai visto un caso di omonimia con la stessa faccia, barba compresa.
A chi era potuta venire un’idea così balzana? Sfogliai le pagine di Computerworld Italia alla ricerca del numero di telefono della redazione.
Mi rispose una voce cortese e professionale, che mi passò subito il caporedattore: “Invece di essere contento, lei protesta perché le abbiamo rivelato in anticipo che nel 1987 vincerà un premio. Cosa dovrebbe dire Steve Jobs, dopo aver scoperto il suo licenziamento?“.
E continuò: “Forse è il caso di scrivere alla Honeywell, perché la strada è lunga e il tempo è poco: sei anni passano in fretta, e lei – in effetti – sembra un po’ digiuno di information technology”.
Presi carta e penna, e iniziai: “Gentili Signori, forse voi non lo sapete, perché non avete ancora letto il primo numero di Computerworld Italia, ma nel 1987 io e una certa 4/66 faremo grandi cose…“.
Il resto è storia, o meglio, il resto è la mia “vera” storia.
Assunto dalla Honeywell come responsabile della comunicazione della Divisione Stampanti Compuprint più o meno in corrispondenza dell’annuncio del PC IBM, quando non avevo mai visto un computer (di nessun tipo, né mainframe né PC), ho messo le mani sull’esemplare numero 127 uscito dalla fabbrica di Boca Raton e non ho più mollato la tastiera QWERTY.
Il mio è stato il classico colpo di fulmine, prima con l’information tecnology e poi con il software libero.
Insieme alla Honeywell, ho imparato – sul campo – il marketing delle tecnologie, quando il marketing delle tecnologie non esisteva, o quasi. E ho forse contribuito a mettere insieme – in Italia – i primi esperimenti di marketing di canale, quando il canale IT non esisteva.
Poi, dopo sei anni entusiasmanti durante i quali ho imparato quasi tutto quello che so fare e sono salito su più di 600 aerei tra Europa e Nord America, ho deciso che era giunto il momento di cambiare mestiere.
Nel 1987 ho iniziato a fare il consulente di comunicazione, e ho avuto la fortuna di lavorare con alcuni personaggi che hanno fatto la storia come Steve Jobs, John Warnock di Adobe (un genio, a cui dobbiamo il PostScript e il PDF), Eric Schmidt di Novell e poi di Google, Eric Benhamou di 3Com, e Michael Dell.
Nel 1992 ho fondato QWERTY, un’agenzia di relazioni pubbliche focalizzata nel mondo delle tecnologie avanzate, che negli anni novanta è stata uno dei punti di riferimento sul mercato italiano.
Nel 1998 sono rientrato all’interno di un’agenzia “globale”, da cui sono uscito nel 2003 per manifesta incompatibilità con il management statunitense, per fondare una “boutique agency” che si chiama Quorum PR, e si occupa di tecnologia a tutto tondo (oggi si dice “a 360°”).
Nel 2003, ho cominciato la mia avventura nel mondo del software libero.
La colpa, come ho già spiegato, è tutta di Outlook. Usavo Microsoft Office, un po’ come tutti in quegli anni (la quota di mercato era superiore al 95%), ma rifiutavo Outlook, che consideravo una vera chiavica.
Nel corso della mia vita professionale, è successo più di una volta che rifiutassi un prodotto – che in diversi casi era decantato dai più – per motivi che non riuscivo a sintetizzare, probabilmente perché derivavano molto più da sensazioni di “pancia” che da analisi ragionate.
In particolare, era successo con OS/2, e poi con Outlook. In entrambi i casi, avevo la chiara sensazione che si trattasse di un prodotto che stava sul mercato solo per scelta dell’azienda e non per volontà degli utenti.
La differenza è che IBM non è riuscita a stravolgere i valori così come invece ha fatto Microsoft (chapeau), che ha trasformato Outlook da chiavica a riferimento per le aziende (qui bisogna spendere una parola per coloro che scelgono Outlook in azienda: è vero che nessuno è mai stato licenziato per aver scelto Microsoft, ma da qui a spararsi a pallettoni nel polpaccio – per non parlare delle parti intime – c’è una certa differenza…).
Comunque, la ricerca di un’alternativa a Outlook mi aveva portato prima a Eudora e poi a Thunderbird, ma soprattutto da Windows (e MacOS, che continuo a usare) a Linux.
Lungo la strada mi ero imbattuto in OpenOffice, che all’epoca era alla versione 1.1 (molto acerba, ma usabile).
Insieme a OpenOffice, avevo scoperto la comunità, e avevo ben presto realizzato che mancava completamente una visione di marketing in grado di far uscire OOo dalla nicchia in cui era fatale che finisse.
Quindi, ho preso carta e penna – questa volta seriamente – e ho incominciato a fare un po’ di marketing, prima in Italia e poi all’interno del gruppo internazionale.
Ho iniziato subito dopo la OOoCon di Berlino, nel settembre del 2004, rilasciando un comunicato stampa ogni due settimane. All’epoca annunciavo tutto, ma proprio tutto, perché la visibilità di OOo al di fuori del mondo open source era prossima a zero.
Di annuncio in annuncio siamo arrivati a OOo 2.0, e successivamente a OOo 3.0. Contemporaneamente, è nata l’Associazione PLIO (Progetto Linguistico Italiano OOo), di cui sono stato socio fondatore, consigliere e presidente.
Quando è stato annunciato OOo 3.0, ho cominciato ad annunciare il numero dei download. Nel giro di tre anni, siamo passati da meno di uno a otto milioni di download all’anno, e la quota di mercato di OOo è cresciuta in modo significativo fino al picco del 2009 (quando i dati non ufficiali parlavano di una percentuale compresa tra il 10 e il 15% a livello mondiale).
Nel 2009, però, Oracle ha acquisito Sun, e il futuro di OOo ha iniziato a vacillare, perché è stato immediatamente chiaro che il software libero non rientrava tra le priorità dell’azienda di Larry Ellison.
A questo punto, la comunità ha accelerato quel processo di “distacco” da Sun – ora Oracle – e di creazione di una fondazione indipendente dalle aziende, che era già cominciato da tempo all’interno del gruppo internazionale di coordinamento.
Durante la OOoCon di Orvieto, abbiamo iniziato a stendere le linee guida, e verso la fine di gennaio 2010 abbiamo avuto la prima conference call, di un gruppo che è diventato sempre più ampio e coeso con il passare dei mesi.
Alla fine di marzo, è stata approvata la strategia di marketing e comunicazione, che comprendeva sia una campagna di media relation piuttosto aggressiva sia uno dei miei “pallini” di sempre, ovvero la certificazione delle competenze.
Alla fine di giugno, abbiamo deciso che saremmo partiti a settembre, subito dopo la conferenza di Budapest ma prima del decimo anniversario del progetto, per cui abbiamo iniziato a stringere i tempi.
Luglio e agosto sono stati due mesi di lavoro intenso, in preparazione della prima – e unica – riunione prima dell’annuncio, che si è tenuta a Budapest la sera del 2 settembre 2010.
Tornati da Budapest, abbiamo preparato tutti gli elementi necessari all’annuncio, che è avvenuto il 28 settembre, quando ho fatto partire il comunicato stampa che comunicava la nascita di The Document Foundation e LibreOffice.
Ovviamente, abbiamo invitato Oracle a partecipare alla fondazione, ma sapevamo già che non avrebbe mai accettato. Così come sapevamo già che IBM non avrebbe mai accettato di far confluire OOo all’interno di quella che sarebbe stata la “casa” naturale del progetto, ma avrebbe scelto di dividere la comunità portando OOo in Apache Foundation (una casa del tutto innaturale, ma molto più vicina alle grandi aziende).
Direi che non è affatto un caso se l’attuale President di Apache Foundation Ross Gardler e uno tra i Vice President, l’italiano Gianugo Rabellino, sono dipendenti Microsoft, mentre l’ex President Jim Jagielski è diventato President di Outercurve Foundation, sponsorizzata da Microsoft. Microsoft è anche il principale sponsor di Apache Foundation, il che suona abbastanza strano se pensiamo che dovrebbe fare concorrenza proprio a Microsoft con AOO.
The Document Foundation e LibreOffice, peraltro, continuano a crescere, grazie a una comunità sempre più grande e sempre più diffusa. Oggi, siamo il più grande progetto indipendente di software libero focalizzato sul desktop.
Fra poco, partiremo con le certificazioni dei professionisti per le migrazioni e i training, e lo faremo – tanto per cambiare – mantenendo la nostra indipendenza. Il processo è stato lungo e faticoso, ma alla fine siamo riusciti a mettere insieme una metodologia che assicura agli utenti la presenza di competenze importanti. E per tutti coloro che vogliono “imparare” a gestire una migrazione ci saranno dei corsi specifici che forniranno le basi della professione.
Fino a quando avrò le forze per farlo, tutti quelli che sosterranno il colloquio per la certificazione si troveranno davanti il sottoscritto. E ne vedremo delle belle…
P.S. – Per chi è proprio curioso, utilizzo Ubuntu 13.10 su un UltraBook ASUS da 11″ con schermo touch (su cui era installato Windows 8, che è durato mezz’ora), MacOS X Mavericks su un MacBook Air da 11″, ancora MacOS X Mavericks su un MacBook da 15″ su cui faccio sviluppo di corsi FAD con Adobe Captivate, e Windows 7 su un UltraBook ASUS da 13″ (che mi è stato regalato da Intel). Con l’eccezione di Adobe Captivate e dei sistemi operativi MacOS X e Windows 7, uso solo software libero, alla faccia di tutti quelli che dicono che il software libero è solo per i nerd e che non serve a nulla. Ho 60 anni, e un pessimo carattere.