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Linux Mint Olivia: una prova su strada

Linux Mint 15 la prova su strada! 

Mentre Ubuntu viene contestata per le scelte di Canonical e sembra in difficoltà a raccogliere nuovi consensi Mint vola alto, quasi il doppio nel ranking di Distrowatch e si stacca sempre più da Ubuntu dalla quale deriva.

Uno dei “trucchi” dietro questa distribuzione comunitaria è appunto.. la comunità: gli sviluppatori ci sono dentro e la ascoltano, ci interagiscono sviluppando ciò che la maggioranza vuole. 

Linux Mint 15 “Olivia” porta con se tante novità, c’è Cinnamon 1.8 ormai maturo e stabile e sempre più indipendente da Gnome Shell (ricordiamo che era partito come semplice extension pack) e MDM , il display manager “forkato” da GDM 2.xx che ora supporta il theming in HTML5.

Approfondendo un po’ ci sono anche nuovi strumenti per la gestione dei driver e del software per rendere facile la vita all’utente anche se totalmente a digiuno di Linux.

Anche se sempre più lontana da Ubuntu rimane comunque una derivata, e da Ubuntu eredita l’ottimo supporto ad EFI e la possibilità di avviarsi in un ambiente con Secure Boot abilitato

A completare il pacchetto offerto dal team di Mint c’è la solita attenzione alla grafica che viene annunciata come curata, elegante e rifinita.

I requisiti minimi sono sorprendentemente bassi, Olivia si accontenta di un processore della famiglia x86 ( x86_64 nel nostro caso ) senza specificare frequenze operative (dovrebbe poter scorrere fluida su CPU poco superiori ad un pentium 4 H.T.), 512 Mb di RAM sono il minimo sindacale per far girare questa distribuzione, 1 GB è raccomandato per un esperienza piacevole, 5GB di spazio libero ( o liberabile durante il partizionamento ), una scheda video VESA capace di una risoluzione di almeno 800X600 e un media per l’installazione. 

L’installazione!

La prova la svolgiamo, come di consueto, su macchina virtuale ( Oracle VirtualBox su host ArchLinux ).

I settaggi sono generosi, CPU 4 core, 1Gb per la VGA, 8 Gb di RAM, 50 di Hdd virtuale ospitato su SSD.

Cercheremo durante la prova di fare un uso tipico di Mint, l’uso che ne farebbe l’utente alla quale è destinata: niente terminale, niente trucchi da esperto.

Cercheremo di tirar su una installazione EFI pulita.

N.B.: il kernel Linux supporta EFI da almeno 12 anni e ne sfrutta tutte le possibilità ma fino alla sua diffusione sul mercato nessuna distribuzione si è mai mossa in questa direzione, trovandosi sprovvista di sistemi automatici per interagire con i firmware EFI , in ogni caso era sempre possibile sfruttare i vantaggi di EFI configurando tutto manualmente.
Veniamo al dunque; l’installazione parte fluida superando a piedi pari SecureBoot senza difficoltà, vedere GRUB, anche se un po’ spoglio rispeto a Syslinux ci da la conferma che il sistema sta partendo in modalità EFI.
GRUB
L’installazione è di una facilità disarmante, l’installer è Ubiquity, lo stesso di ubuntu con tema “mentoso” e descrizioni ad-hoc, l’unico scoglio potrebbe essere il partizionamento, ma niente nomi strani o sigle, questo è il caso di un disco pulito, se fosse stato un dual boot avremmo avuto una voce “installa Mint accanto a XXXX” che, se spuntata, realizza un dual boot senza fare ulteriori domande. Per il resto compilare i campi richiede come unica competenza l’uso della tastiera. 
Partita l’installazione vera e propria veniamo accompagnati da una presentazione ben fatta e piacevole, dedicata ai punti salienti del sistema. Ecco le varie schermate:
L’installer di Linux Mint (giffa :P)
Il tempo complessivo di installazione da usb su SSD è di 12 minuti, pochi fanno meglio.

NOTA:
Qualcuno potrebbe chiedersi perché forzare il boot in modalità EFI, la risposta è semplice: BIOS appartiene al passato, EFI è il futuro.
Porta benefici tecnici notevoli: la capacità di gestire un numero di partizioni illimitato via GPT, la capacità di funzionare come Bootloader autonomo ( a dirla tutta non sfruttata in questo caso perché renderebbe troppo laborioso un dual boot ) la possibilità di avere delle recovery potenti e versatili, un controllo di cosa si avvia.
In ultimo è un taglio verso i 32 bit che male non fa, i 64 bit esistono da 10 anni su desktop e laptop, ma in 10 anni solo Chakra ha avuto il coraggio di dire “32 bit è obsoleto: basta” .. questo dualismo sta facendo male al mondo dei PC e credetemi, lo dico con cognizione di causa.
Per chi scrive quindi meno questo periodo 32-64 bit, EFI-BIOS dura, meglio è: quando gli sviluppatori potranno concentrarsi solo in una direzione ( EFI-64 bit ) avremo benefici reali: uno su tutti la morte di Windows XP.

Al primo avvio veniamo accolti da un piacevole logo di Mint che compare in fade-in da uno sfondo nero, semplice ed elegante.

Il sistema

La schermata di login di Linux Mint 15
Il login manager MDM lascia un po’ interdetti, dalle premesse ci si aspettava qualcosa di più elegante di questo, comunque a qualcuno piacerà .

Effettuato il log-in c’è la prima sopresa : veniamo accoliti da questo pop-up da decisamente fiducia e fa sentire “ amato” chi sta dietro al monitor .

Il secondo “mint-software” che incontriamo è il gestore aggiornamenti, lo apriamo cliccando sulla notifica in basso a destra.

La sua semplicità è disarmante, l’unico appunto è il pulsante “aggiorna”: troppo sintetico e confusionario di fatto aggiorna i repository e chi non è pratico di repository potrebbe pensare che il sistema non si aggiorni per un bug.

Gestore aggiornamenti
Quando il gestore aggiornamenti ha finito il suo lavoro si chiude autonomamente, la notifica è diventata una spunta verde che ci informa del buon esito delle operazioni.

Sempre nell’area di notifica a destra c’è l’applet del volume, cliccandoci sopra si apre qualcosa di veramente completo c’è la possiblità di switchare “al volo” tra le varie schede sonore del sistema o di lanciare i riproduttori multimediali preferiti.

Gestore audio e player multimediali

Dal lato opposto del pannello c’è il pulsante “menù”, impossibile non capire cosa sia, solo scrivendoci “start” potevano essere più chiari.

Al suo interno si cela un menù ben fatto e razionale, al solito le applicazioni sono divise per categorie, la funzione “cerca” è ben fatta, ci offre risultati tra le applicazioni e le cartelle, avessero integrato anche una ricerca con i tag per le applicazioni ( E.s: cercando “mp3” viene mostrato il player multimediale) sarebbe stata perfetta.
Una sopresa nascosta del menù è la possiblità, con un click destro su una applicazione di aprire un sotto-menù per creare un collegamento con i preferiti, col pannello o sul desktop .

Il menu principale
La possibilità di aggiungere collegamenti
Tornando a parlare di applicazioni, la gestione software (Mintinstall è il nome del tool) è veramente ben fatta e piacevole, le applicazioni ci vengono presentate nelle categorie in cui finiranno una volta installate.
Le icone solo colorate, piacevoli e permettono un rapido filtraggio delle applicazioni.

Mintinstall, visione categorie

L’installazione è facilitata, richiede solo click del mouse e qualche secondo per scaricare il software.

Anche la gestione dei driver proprietari è banale: la mia stampante di rete (una HP) è operativa in tutte le sue funzioni fin dal primo boot (compreso lo scanner che, in rete, non ha mai funzionato dopo triliardi di configurazioni sotto Ubuntu prima, sotto Arch poi).

Va menzionato anche Nemo, il gestore dei file di Mint, fork di Nautilus che lo supera in funzionalità e comprensibilità; mostra sotto i dischi una barra che ne indica il riempimento, supporta filesystem remoti (addirittura ha accolto caldamente il mio NAS), automontaggio ed espulsione dei supporti con un click ed è dotato di una grafica bella, chiara e completa.

Nemo, il file manager
Un ultima nota va alla grafica: Mint è bella!
Il tema è curato e razionale, il verde (colore-simbolo della distribuzione, come il viola per Ubuntu) è messo dove serve senza appesantire nulla.
Gli sfondi di default sono belli e in alta o altissima risoluzione, si spazia dal cielo, al mare alle città ed è possibile, come da tradizione, aggiungerne altri .

Gli sfondi preinstallati su Linux Mint 15

 

Dopo pagine di elogi però c’è qualche nota negativa, la prima in assoluto è la traduzione: alcune finestre hanno pulsanti o scritte in inglese e il legame con Gnome Shell: ha senso avere un hot corner su un desktop tradizionale? Decisamente no.

In sintesi quindi Mint è qualcosa che funziona, ha preso la vastità del parco software di Debian, la sua stabilità e la sua gestione del software e da Ubuntu l’approccio mirato alla facilità aggiungendo una cura estetica notevole ed un desktop che non richiede “rieducazioni”

Mint poi, oltre ad essere facile è e rimane un sistema Linux: è possibile seguire la strada “easy” o iniziare a mettere le mano sotto il cofano o spingersi ancora più in la con LMDE, una Debian pompata con i Mint Tools, rolling relase potente e versatile.
In più gli sviluppatori ascoltano ciò che gli utenti vogliono introducendo costantemente novità che accontentano la maggioranza. 
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Marco Giannini

Quello del pacco / fondatore di Marco’s Box